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domenica 3 luglio 2011

la maschera ed il ventilatore


ll libro di Erik Negro "Fuori orario- il mondo (che) è stato-" è una silloge di poesie che nascono dall'esperienza di vita dell'autore, in un momento particolarmente intenso, ma tuttavia concluso. Vario l’aspetto ed il linguaggio praticato, sembra che ogni opera viva all’interno di un proprio mileau, che da esso tragga motivo d’essere e solo in questo possa realmente esistere, ponendosi come similare e parallela alle altre, ma profondamente divisa da una speculazione sempre volta a nuovi approdi.
Anche se molto giovane, Erik ha una solida competenza letteraria, che traspare dallo scritto, anche se non ama definirsi poeta e seguire canoni precostituiti. Molto spesso si può notare come la scrittura sia dialogo, con se stesso o rivolto ad un interlocutore assente, più che a qualcuno che davvero possa ascoltare. La voce, quindi, cade spesso in un monologo interlocutorio, nella ricerca di un “altro”, forse raggiungibile, ma mai raggiunto. La speculazione non si abbandona alla delusione, piuttosto l’IO trae spunto dalla propria posizione per divenire osservatore del reale, volutamente distaccato ed assorto nei vagheggiamenti di un’utopico altrove. Ecco dunque presentarsi, quasi come file rouge della raccolta, un continuo scambio fra “essere” ed “apparire”, fra quanto di sé si vuole lasciar affiorare e quanto rimane sommerso. Anche la quotidianità, esemplificata da quei pochi oggetti che assurgono a simbolo, diviene nido nel quale celarsi, nella perenne ricerca di uno sguardo capace di penetrare la superficie, di soffermarsi a ricercare l’identità vera dell’autore.
Forse proprio a questo sono volte le atmosfere, che talvolta sembrano riecheggiare un quadro da beat generation o bohemienne, alla denuncia di una società che non osserva, che non può concedere tempo a quanti si volgono indietro, anche solo per capire la direzione del proprio percorso, che nella pretestuosa velleità di concedere spazio a tutti, esclude. La reazione del poeta, in questo caso, sembra essere la dissimulazione, praticata su due piani: una maschera di sé opera nella società e vi si concede, l’IO, al contrario, ne rimane escluso e si eleva ad osservatore e-talvolta- a giudice, forse nella speranza che qualcuno osi sfidare questo straniamento e ricercare, finalmente, l’autenticità più profonda dell’essere.